La Cina è oggi punto di riferimento in Africa. Vediamo come nasce tale relazioni e come si sia sviluppata.
Nel 1956 a Bandung (Indonesia) si tenne un incontro tra tanti paesi del “sud del mondo”.
La Cina aveva l’ambizione di porsi a capo dei paesi non allineati, cioè quelli fuori dalla sfera di influenza USA o URSS. I cosiddetti paesi del terzo mondo insomma. La Cina era ed è comunista, ma aveva rapporti altalenanti con l’URSS, talvolta apertamente ostili.
Però, per essere chiari: il ruolo di “terzomondista”, in sostanza, voleva dire essere pseudo-comunisti, esattamente come per Tito, Nasser e Nehru (gli altri leader di Bandung).
È solo che ognuno voleva essere comunista a modo suo.
Modello cinese
La Cina poi, voleva anche esportare il suo modello. (Oggi qualche traccia di maoismo è rimasta in Nepal e in Laos)
Ma prima la Cina doveva fare i conti con un po’ di politica dell’epoca: avere voti dalla propria parte per sistemare la questione Nazioni Unite, dove il seggio permanente era nelle mani di Taiwan. Isola dove gli sconfitti da Mao si erano rifugiati.
L’ingresso in Africa
Il perfetto terreno di conquista di voti era l’Africa (con tante nazioni già libere o in via di indipendenza). Qui la Cina aveva le carte in regola per fare una bella figura: non era il solito popolo bianco che viene a imporre le sue regole e anche la Cina era stata colonizzata. La sofferenza della colonizzazione andava molto enfatizzata per rendere chiaro che la Cina non farà mai agli altri ciò che ha subito.
E qui in Africa la Cina fu travolgente. Tutto cominciò con la costruzione della ferrovia tra Tanzania e Zambia (Great Uhuru Railway, cioè grande ferrovia della libertà – in foto), perché inoltre danneggiava il Sudafrica dell’Apartheid togliendole merci. Ferrovia costruita da una Cina che faceva la fame dentro casa e che però fornì manodopera e soldi. Un trionfo di Mao.
Le grandi opere della Cina in Africa
Da allora la costruzione di grandi opere è continuata. E da quando la Cina è una nazione potente, è aumentata al punto da poter dire che la vera unione dell’Africa si sta avendo nei loro rapporti con la Cina (altro che con Nkrumah, Nasser o l’Imperatore d’Etiopia).
Gli Europei le grandi opere le hanno fatte principalmente per esportare e importare prodotti che interessavano loro. La Cina sta unendo l’Africa anche TRA e PER gli africani. Un po’ come l’Inghilterra ha fatto con la ferrovia in India. Ma la Cina non sta colonizzando. Sta facendo affari.
Il NON-colonialismo della Cina in Africa
La Cina NON ha più un modello da esportare e neanche ha interesse a chiedere un voto alle Nazioni Unite ai Paesi africani. Tanto già votano per la Cina, altrimenti vengono tagliati gli investimenti.
Le risorse africane invece interessano ai Cinesi, così come sono sempre interessate agli Europei (prima meno, sotto Mao ci sono state persino fasi “contrarie” all’industrializzazione, che ci avrebbero fatto con le materie prime?).
Ma la Cina oggi come allora, NON-colonizza; promette situazioni di win-win. L’obiettivo è fare un bell’accordo che renda sempre contente entrambe le parti. Magari non in parti uguali, ma tutti contenti. È il sogno di chi considera il colonialismo come il male assoluto.
La Cina predica parità
La Cina predica parità laddove l’Occidente si comporta diversamente: tu Paese africano non ti occupi della Cina, io Cina non mi occupo del tuo Paese africano. Non vuole esportare il comunismo – o ciò che resta -, figuratevi se vuole esportare valori. E meno che mai una religione.
La Cina non vuole l’esclusiva, ma c’è una piccola eccezione: avere rapporti con Taiwan è male, perché Taiwan è politica interna cinese. In compenso la Cina non guarda alla politica africana: se oggi ci fosse un Apartheid farebbe tranquillamente affari anche con loro. Così come fa con tanti cattivoni: lo Zimbabwe non rispetta le regole? A me non interessa/riguarda. Il Sudan implementa la Sharia e fa stermini nel Darfur? Non mi interessa. Un dittatore vuole armi, strumenti per controllare internet? È il benvenuto.
Il simbolo che la Cina sbandiera in Africa è l’Ammiraglio Zheng He che dal 1405 fece dei viaggi di esplorazione al comando di 300 navi e oltre 25 mila uomini.
Vi immaginate il potere di una simile flotta in Africa a quel tempo? Ebbene non conquistarono nulla. NULLA. Si limitarono a fare qualche commercio, portare a casa le giraffe per stupire l’imperatore Yongle dei Ming (sì, quelli dei vasi che si rompono sempre nei film comici). Gli europei in 200 hanno preso mezzo continente in America.
E non solo: l’Ammiraglio era anche musulmano. A simbolo ulteriore della grande e antica integrazione della Cina con altri popoli. Cina che non aveva problemi ad affidare un tale importante compito ad un musulmano (probabilmente eunuco, dunque discriminato in passato così come lo sono oggi in Cina).
Cina nuova potenza in Africa
La Cina sta scalzando i Paesi che storicamente avevano un peso in Africa. Usa, Francia e Inghilterra hanno oramai – a livello statale – codici morali stretti. Così stretti che con alcuni Paesi sono escluse alcune forme di commercio o collaborazione. La Cina invece, mettendo insieme i concetti già visti, si è imposta una unica regola legata alla “moralità”: l’uso dei fondi deve essere utile (la parte del win-win per la controparte). Sembra una frase vuota ma non lo è: vuol dire per esempio che milioni di dollari per fare una incoronazione stile Bokassa (grazie ai soldi della Francia) non te li presta. Non è win-win.
Se il dittatore ha megalomanie magari può mettere il suo nome a una grande opera. Perché le grandi opere sono veramente le benvenute: la Cina ti dà soldi, aiuto logistico e perfino manodopera che hanno ancora in abbondanza e a basso costo. (Altro vantaggio che l’Occidente non può colmare. Neanche da un punto di vista di opinione pubblica: chi usa la manodopera africana a basso costo è etichettato come Paese schiavista. La Cina invece maltratta la sua di manodopera e questo è meno disprezzato. Anzi con la Cina la critica spesso è che non usa manodopera locale e dunque crea poca occupazione in Africa).
I Cinesi in Africa
Oltre 1 milione di Cinesi vivono in Africa e tanti Africani sono convinti che siano tutti galeotti costretti ai lavori forzati. Chi mai, da uomo libero, verrebbe a costruire una ferrovia sotto al sole e in mezzo alle zanzare? (Non ridete: in Occidente i nostri cantanti pensavano che bastasse non richiedere i soldi all’Africa per vederla rifiorire. Chi è più ingenuo, i nostri cantanti o chi pensa all’Africa come a una prigione per cinesi cattivi?)
Le grandi opere danno una prospettiva di lungo periodo. La Cina sarà ancora qua tra tanti anni. E le costruzioni magari sono fatte con materiali scadenti e di certo senza rispettare regole ambientali o di sicurezza sul lavoro, però è tutto realizzato davvero. E questo è un bel vantaggio; l’Occidente ha il pregio/difetto di voler adoperare i propri standard in contesti in cui la mancata flessibilità si risolve nel nulla di fatto. E poi se un domani c’è il colpo di Stato, alla Cina che cambia? Fanno affari con il nuovo dittatore.
E la Cina sa farsi ben volere: in Africa stanno portando nuove città costruite da loro tutte insieme, ma soprattutto Internet veloce e canali televisivi, stadi, intrattenimento. La popolazione gradisce eccome.
Il vantaggio della dittatura
E ancora, la Cina non ha giornalismo libero, non ha elezioni libere, non ha una magistratura libera: questo vuol dire che può corrompere liberamente e impunemente. Cosa che in Africa è assolutamente necessaria e normale.
Questa è un’arma enorme, in Occidente i governi non possono e le aziende private ovviamente rischiano l’osso del collo ogni volta. Ma se non si usa la corruzione, un appalto non lo si vincerà mai. (L’Occidente però organizzava direttamente colpi di Stato per cambiare i Governi. Ad oggi la Cina non ha mai fatto nulla del genere, è molto importante tenerlo a mente)
Non è solo il Governo a investire, la Cina agevola le aziende private che vanno in Africa e le supporta al meglio, concedendo anche grandi prestiti (laddove la Cina impone invece ancora forti limitazioni ai privati nel muovere soldi all’estero).
Il meccanismo del win-win che la Cina offre in Africa
Ma in tutto ciò, perché la Cina costruisce grandi opere? E come funziona esattamente questo win-win?
La Cina principalmente presta soldi all’Africa chiedendo in cambio la restituzione del denaro con degli interessi (ma alle volte anche senza, come veri aiuti). E fino a qua è un modello abbastanza standard. La Cina è il più grande investitore del mondo (tutti gli investimenti in Africa per la Cina sono meno del 5% del totale), hanno un surplus di denaro enorme per cui devono usarlo e lo prestano. Il punto con l’Africa è che spesso non restituisce i soldi. Se lo so io, lo sa pure la Cina. In cambio l’obiettivo è avere, fin dall’inizio o a posteriori come risarcimento, qualcosa che ripaghi la Cina. Può essere lo sfruttamento del sottosuolo, il diritto di pesca, l’uso di un porto o un po’ di tutto insieme.
Le regole dei finanziamenti
Spesso poi il denaro è prestato e vincolato per finanziare le grandi opere che appunto realizza la Cina. Oppure ancora porzioni di questo prestito sono in realtà linee di credito per cui è come un gigantesco buono della spesa da usare però in un unico enorme supermarket: la Cina intera!
E naturalmente in tutto ciò i prodotti cinesi entrano in Africa, si aprono nuovi mercati dove sono privilegiati e la Cina è poi fenomenale nel colmare TUTTA la filiera: il prodotto cinese arriva in Africa, sbarca in un porto gestito dalla Cina, viene trasportato su strade costruite dai cinesi e finisce in negozi gestiti dai cinesi che completano anche la vendita al dettaglio.
I soldi per finanziare tutto ciò spesso partono da Hong Kong, per cui la città che era simbolo del colonialismo europeo in Cina, è oggi la capitale del moderno NON-colonialismo.
All’ultimo forum di cooperazione Africa e Cina (2018) sono intervenuti TUTTI i leader africani tranne il Re di E-Swatini (che riconosce Taiwan). Dunque non stupitevi se Taiwan di recente ha fatto partire un aereo con aiuti medici per Re e notabili in E-Swatini, per continuare a tenerli dalla loro parte: se ti curo non mi puoi abbandonare.
Soft power della Cina in Africa
L’unico campo in cui la Cina perde con l’Occidente è l’appeal. Tanti Africani vanno a studiare in Cina ma sognano l’America. Una dittatura non può avere Hollywood per quanto si sforzi cosa vuoi mai produrre in un mondo di censura? Imparare il cinese è importante ma i Cinesi stessi studiano l’inglese. Il Paese più di successo – da un punto di vista economico – in Africa, cioè il Ruanda, ha avuto il coraggio di passare dall’essere un Paese francofono all’uso dell’inglese… e così domani torniamo più specificamente al Congo.
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