Lo sapevate che il Presidente Turkmeno è anche un cantante?
Ma andiamo con ordine: in questi giorni si parla molto di cantanti.
Un concerto dal vivo raduna grandi folle che assorbono i testi delle canzoni. Da noi si tende a usare il concerto per esprimere opinioni su temi politici e sociali, in America ogni comizio si trasforma anche in un concerto, con giochini, palloncini, pop corn, etc.
Non c’è nulla di male, da sempre un tema impegnato ha più presa se lo si alleggerisce un po’. E comunque nelle democrazie, per fortuna, non si ha bisogno della musica per esprimere opinioni. Funge da cassa di risonanza.
Nelle dittature invece è importante, perché è vietato radunarsi per motivi politici.
La musica offre una “scusa” per fare gruppo, stare tutti insieme. Magari con la reale intenzione di ballare e divertirsi. Ma un raduno che apparentemente nasce innocuo può trasformarsi. E contribuire a diffondere idee di libertà.
In un concerto dal vivo i testi delle canzoni sono difficili da censurare, e comunque vi si può nascondere un messaggio, si può inserire satira, raccontare una storia che abbia attinenza ma senza essere espliciti.
Ecco perché in Corea del Nord 🇰🇵 la musica è gestita a livello centrale, le bande sono militari e i testi vanno approvati. Si canta solo per ribadire il proprio amore alla patria e al leader.
C’è poi la scelta più estrema e ridicola: in Turkmenistan 🇹🇲, uno dei Paesi meno liberi al mondo, la musica la produce direttamente il Presidente. Si esibisce in performance grottesche che la TV trasmette di continuo. E tocca applaudire, canticchiare il motivetto, guardare il tiranno che si diverte a tormentare il popolo anche in questo modo e che non conosce vergogna.
Il libro dove si parla della banda Moranbong, le spice girls nordcoreane lo trovate QUI.